Viaggi

Scialpinismo alle isole Svalbard

Le isole Svalbard ... dove sono? E' la domanda che mi fa chiunque senta che sto programmando un viaggio lì. L' idea di andare a mettere il naso sulle Isole Svalbard c'era da qualche anno e nel 2005 si concretizza. Dopo una spedizione di sci alpinismo nelle Watkins Mountains (Groenlandia nel 2000) mi è rimasta la passione per l' Artico. Conosco Filippo Livorno, aspirante guida, che mi propone le Svalbard per il 2006. Comincio a spargere la voce tra i miei amici e presto si forma un gruppetto. Nicola, Gianluca e Giovanna sono entusiasti sci alpinisti tutti come me iscritti alla sezione di Padova del CAI dove svolgo l'attività di istruttore regionale di sci alpinismo. Per loro è la prima spedizione del genere. In autunno, un' amica olandese mi invita per un' altra avventura, ma cambia idea e decide di venire con noi alle Svalbard. Marrigje, detta Moka, è una persona molto in gamba. Suo marito è stato uno dei primi "aspirante guida" olandesi, ma, a causa di un tragico incidente in montagna è rimasto invalido. Non si sono demoralizzati e lui adesso è uno dei velisti disabili più bravi d' Olanda. Insieme portano avanti i loro progetti sportivi e hanno una famiglia bellissima con 3 bambini. Cominciamo ad allenarci facendo gite nel rigido freddo invernale del Friuli, anche col brutto tempo, per testare i nostri materiali proprio nelle condizioni più sfavorevoli. Moka si allena separatamente, ma conoscendola non ho il minimo dubbio che sarà la più preparata di tutti. Con Filippo facciamo un week end sul Monte Rosa per organizzare le ultime cose.

Ci sono due idee sul tipo di spedizione da fare. O andiamo nella zona centrale, con le montagne più alte, dove si monterà un campo fisso dal quale fare salite di 1000 m o più e di difficoltà varia, oppure l'alternativa è il Nordenskioldland, una zona più vicino a Longyearbyen, più dolce e più bassa, dove si potrà fare un trekking con campo mobile e affrontare salite più brevi. Dall'esperienza maturata in Groenlandia direi che le salite più tecniche possono causare soste prolungate che, facilmente, diventano insopportabili per il freddo, senza parlare degli eventuali rischi di congelamento. E' notorio che le Svalbard abbiano un clima relativamente mite per il passaggio della Corrente del Golfo, ma -20 è sempre -20... In più sono isole molto ventose, il clima è estremamente variabile e, soprattutto, abbiamo solo 10 giorni. Credo, quindi, che Nordenskioldland ci offra più possibilità di successo e gli altri concordano, anche se tutti siamo attirati anche dall'altra opzione. Ci troviamo alle cinque di mattina a Padova in una giornata di fine aprile. Filippo ci raggiunge a Malpensa. Facciamo sosta a Copenhagen, Oslo e Tromso, dove ci raggiunge Moka, e alle dieci di sera arriviamo a Longyearbyen. E' sabato sera, i pochi locali sono pieni e ci dobbiamo accontentare di una pizza (!) take-away. La mattina dopo andiamo al magazzino di "Poli Arctici" per completare la preparazione delle pulke. Qui incontriamo Giovanni che trascorre due mesi all' anno alle Svalbard, mentre suo fratello Stefano abita stabilmente a Longyearbyen. Giovanni porta altre 2 persone e con questo il nostro gruppo diventa una squadra di 9 persone con 7 pulke e 2 simpatici cani Groenlandesi. Ester, la sorella di Giovanni, ci porta con il pulmino alla miniera n° 7 che, ancora in funzione, fornisce il carbone necessario per il riscaldamento dell' abitato. Nel secondo giro vengono portati i cani, il maschio Quito e la femmina Ane. Giovanni mi affida Quito e dal momento della partenza non vedo più anima viva tranne qualche renna in lontananza! Ma come corre questo cane! Ogni tanto mi fermo per aspettare gli altri perché il gruppo deve sempre rimanere unito.

Itinerari

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Relazione

Il tempo è brutto: nuvole basse e vento abbastanza forte, dritto in faccia. Dopo 2 ore ci fermiamo all' imbocco della Foxdalen per mangiare qualcosa di caldo. Il nostro pranzo sarà sempre una variazione sullo stesso tema. Drytech produce cibo liofilizzato, basta aggiungere acqua calda dal thermos, richiudere la busta, aspettare cinque minuti, ed è pronto. Comodissimo e niente male. Camminiamo un' altro paio d'ore e poi montiamo il campo poco prima dell' inizio del ghiacciaio. Abbiamo 3 tende da 3 persone ciascuna. Il telo interno e il telo esterno sono già legati tra loro e, dopo la prima volta, il montaggio è un gioco da ragazzi. Giovanni sbaglia e finisce nella tenda più bassa e più scomoda per cucinare, ma è troppo orgoglioso per accettare uno scambio. Usiamo dei fornelli MSR a kerosene per sciogliere la neve per il tè, mentre Giovanni, Francesca e Filippo fanno da mangiare, per tutti, su un fornello Coleman, più grande. Giovanna, Gianluca e Nicola dividono una tenda e la terza tenda è quella internazionale dove si parlano 4 lingue: tedesco, inglese italiano e olandese. Per Ane non fa nessuna differenza. Quando scopre che la sua catena è lunga abbastanza viene a curiosare nella nostra tenda. Abbiamo i cani per la nostra sicurezza. Dovesse avvicinarsi un' orso essi si accorgerebbero molto prima di noi e questo ci dovrebbe dare il tempo per prepararci. Comunque i due fucili sono sempre a portata di mano. Se ci si muovesse senza cani bisognerebbe mettere un trip-wire intorno al campo con delle mini-cariche esplosive che potrebbero esplodere anche solo per il movimento del filo procurato dal vento o perché una persona inciampa, spaventando tutti inutilmente. Meglio e più efficiente con i cani! Anche se il tempo è molto instabile e abbiamo luce 24 ore su 24, decidiamo di mantenere i ritmi normali. Ci svegliamo, facciamo colazione e smontiamo il campo. Dobbiamo salire sul ghiacciaio. C'è un passaggio, non ci sono crepacci, ma dobbiamo salire 450 m con le pulke. Appena c'è una leggera discesa i cani cominciamo a correre e le slitte si rovesciano.

Dopo qualche ora raggiungiamo il posto per il secondo campo, ai piedi di un colle. Pranziamo e poi partiamo per la salita della cima indicata come quota 903 sulla carta. Durante il trasferimento il cielo è parzialmente azzurro ed è cessato il vento, ma raggiungiamo la vetta con visibilità nulla, e dobbiamo inginocchiarci per non essere sbattuti dalle raffiche giù dalla cresta. Ritornati agli sci siamo in mezzo ad un white-out. Tutto sembra uguale, non si capisce dove finisca la neve e dove inizi l' aria. Il senso di equilibrio va in tilt, ci viene mal di mare! Mi metto sulle tracce dei cani e questo mi aiuta a ritrovare la posizione. Quando raggiungiamo il campo troviamo i nostri sacchi a pelo coperti da un fine strato di neve; il vento ha fatto incollare i due teli della tenda. Costruiamo un muretto e asciughiamo le cose nel modo migliore possibile, ma non riusciamo del tutto a risolvere il problema quindi copriamo i bagagli e i sacchi a pelo con un sacco bivacco. La mattina dopo, appena stendiamo i sacchi per asciugarli, comincia a nevicare, anzi, è pioggia ghiacciata. La temperatura è intorno allo zero. Non si vede nulla quindi decidiamo di spostare il campo. Dobbiamo superare il colle e con le pulke è un'impresa! E' troppo ripido per andare diritti, e facendo le curve le pulke si rovesciano.

Quelli con le pulke più leggere raggiungono il colle per primi e poi scendono per aiutare gli altri. La discesa dall' altra parte è un'avventura simile. Anche qui il pendio è troppo ripido e quindi decidiamo di calarle fino a dove riusciamo. Ma l'ancoraggio è un problema; dove c'è abbastanza neve sopra, ci sono rocce affioranti sotto, dove il pendio è buono c'è poca neve sopra. Giovanni rischia di scivolare assieme alla sosta quando una slitta prende velocità, ma riesce a bloccare tutto all'ultimo momento. Più in basso sleghiamo le slitte e le accompagniamo ancora un po' prima di lasciarle andare. Quando le abbiamo portate giù tutte in questo modo le raccogliamo e ci fermiamo per la dose quotidiana di Drytech.

percorriamo ancora sul ghiacciaio Kokbreen un tratto in leggera discesa, abbastanza per far scivolare le pulke. Ane comincia a correre entusiasta e la slitta vola, mi supera e tutto finisce in un groviglio: cane, corde, sci, pulke e persona. Lavorare con i cani è molto divertente, ma per niente facile! Montiamo il campo sotto Fosstoppen ad una buona distanza dal campo norvegese perché anche loro hanno i cani. Visto da sopra il loro campo ha un aspetto molto ordinato: un cerchio con tutti i cani, ben distanziati tra loro, da una parte e dall'altra parte le tende, ognuna con il suo muretto. Il nostro è molto riconoscibile, tipicamente italiano: in ordine sparso. Ma per quanto riguarda i muretti ci diamo da fare: l'esperienza del giorno prima è stata maestra! In serata saliamo una cima senza nome lungo una bella cresta con una cornice niente male. La sciata è divertente. Anche Fosstoppen il giorno dopo è una bella meta. Il tempo è bruttissimo ma quando attraversiamo un piccolo passo siamo sotto vento e più al riparo. Come il giorno prima lasciamo gli sci all'inizio della cresta e procediamo a piedi. La neve sulla cresta è soffice e anche qui c'è la cornice, su entrambi i lati, bisogna stare molto attenti. Quando torniamo al campo lo troviamo sepolto dalla neve. Liberiamo le tende, rafforziamo i muretti ed il resto del tempo lo passiamo in tenda dormendo e chiacchierando, continua a nevicare. Giovanni ha notizie dal paese; 5 °C e sole! In linea d'aria saremo distanti 15 km.... Poi bisogna sempre far andare il fornello. Ormai abbiamo la nostra routine. Quando ci svegliamo accendiamo il fornello e cominciamo a sciogliere la neve raccolta il giorno prima. L'acqua calda dei thermos viene usata per il tè e la colazione: muesli con cacao e marmellata, biscotti o crackers. Continuiamo così finché abbiamo riempito di nuovo tutti i thermos. A pranzo cibo liofilizzato, e la sera pasta o risotto con i mitici sughi di Stefano, fatti in casa. Come dessert custard con frutta sciroppata. Chi dice che bisogna solo soffrire in questo ambiente ostile? Il quinto giorno ci svegliamo con il sole. Si vede fino al mare, 60 km verso sud-ovest. Facciamo tante foto, asciughiamo i sacchi a pelo e i materassini e poi smontiamo il campo.

Ormai sappiamo tutti che cosa e in quale pulka va, ogni spostamento del campo è più veloce. Superiamo di nuovo un colle e sull'altro versante la discesa è piuttosto ripida. Troppo per andare diritti, ma in traversata le slitte si rovesciano. I cani tirano in discesa, e servono 2 persone a slitta per trattenerli e per tenere in equilibrio la slitta. Lasciamo le slitte e saliamo Drontoppen. Lasciamo gli sci all'inizio della cresta e si prosegue a piedi nella neve fresca. Purtroppo il tempo era già cambiato e quindi non godiamo di un gran panorama. Dopo qualche curva che finisce 10m più in basso di quello che pensavo decido di seguire di nuovo le tracce dei cani e riesco a sciare bene senza vedere dove vado. Pranziamo e poi altre 2 ore di cammino prima di rimontare il campo. Il tempo è di nuovo migliorato e in prima serata partiamo per un'altra gita, questa volta senza cani. Ci guardano tristi, ma non protestano. Da Bergmannshatten abbiamo un ampio panorama e la discesa è divertente, cerchiamo i punti più ripidi per fare le nostre curve. La cena sparisce in un attimo! Ane e Quito vengono, a turno, a farci compagnia in tenda. Il tempo sembra volgere al bello, di nuovo sole. La ormai solita routine: colazione, thermos, asciugare tutto, smontare e via. Il bello di camminare su un ghiacciaio relativamente piatto è che puoi decidere a caso se salire una cima a destra o una a sinistra, basta scegliere. Lasciamo i cani con le slitte e partiamo. Questa volta la cima è un po' più lontano, ma le distanze sono sempre brevi e le salite corte e poco tecniche. La combinazione di trekking e salite è l'ideale per questa zona. Cominciamo la discesa del Dronbreen. All'inizio è divertente, leggera discesa, neve dura, voliamo. Ma con il passare delle ore la neve si scalda e diventa molle. Ad un certo punto sleghiamo i cani e, in due, tiriamo le loro slitte. I cani restano indietro, dove noi, con gli sci, riusciamo ancora a galleggiare, loro sprofondano fino alla pancia. Montiamo l'ultimo campo in fondo di Adventdalen, ormai fuori dal ghiacciaio. La neve è sporca, qui pascolano le renne che la mattina vengono a farci visita. Si avvicinano fino a ca. 10m dalle tende. I cani le ignorano. Ane si è appropriata di una pulka e sta troppo comoda per alzare la testa! Ultima colazione e poi una lunga camminata su neve sempre più bagnata fino alla miniera n°7 dove Ester viene a prenderci. L'ultimo chilometro camminiamo nell'acqua! Quest'anno le temperature sono molto sopra la media e la stagione è avanti di 1 mese. Abbiamo un giorno per riposarci e comprare qualche souvenir e poi, con partenza alle 4, torniamo a casa. A mezzanotte siamo di nuovo a Padova con il ricordo di un'avventura passata troppo in fretta.

Informazioni

Le Svalbard (fino alla Seconda guerra mondiale chiamate Spitsbergen) sono situate a metà strada tra la Norvegia ed il Polo Nord e sono state la base di partenza per famose spedizioni polari quali quella di Amundsen e quella di Nobile (La Tenda Rossa). A differenza dell' Islanda e della Groenlandia non furono mai visitate dai Vichinghi, ma vennero scoperte più tardi, nel 1550 dall'olandese Willem Barenz, mio connazionale, che chiamò l' isola più a sud-ovest: Spitsbergen ("montagne appuntite"). L'arcipelago, chiamato "Svalbard" dagli Scandinavi, è grande più o meno come l' Islanda e dipende amministrativamente dalla Norvegia rappresentata da un governatore, detto Sysselmann, che vi chiederà come garanzia una cauzione di 5.000 euro e la licenza di porto d' armi. L' organizzazione quindi non è semplice ed è molto costosa, motivi per cui ci siamo rivolti ad un' agenzia con base a Longyearbyen, unico centro abitato con strutture ricettive esistente sulle isole. Longyearbyen è un paese con ca. 1500 abitanti che vive grazie all'attività estrattiva, turistica e di servizi. Vicino c'è Svea, altra piccola località (120 persone) completamente dedita alle attività minerarie così come Barentsburg, una colonia Russa (completamente autonoma). Infine c'è Ny Alesund, sede di attività di ricerche scientifiche, interdetta, però, ai turisti. La presenza umana è, quindi, molto ridotta, ma in compenso il numero di orsi polari supera il numero di abitanti! Se nei secoli scorsi venivano cacciati, adesso, essendo in via d'estinzione, sono una specie protetta. Soggiorno a Longyearbyen “LYB” C’è scelta fra alcuni alberghi molto confortevoli (Spitsbergen, Basecamp), appartamenti, stanze in residences: nessuna fatica, ci pensa Ester, sorella di Stefano. In caso di assoluta indisponibilità ci era stato offerto di dormire in brandina nel garage-base di Poliarctici

PoliArctici
Stefano Poli, guida alpina ed artica, vive alle Svalbard e ha un’esperienza pluriennale nell’organizzazione di spedizioni scientifiche, televisive, escursionistiche, per neve e per mare. Collabora il fratello Giovanni, guida alpina (ha vissuto e lavorato anche in Trentino). Simpatica ed efficiente la sorella Ester, musicista, ha vissuto ad Oslo alcuni anni, ora dà una mano nei periodi di punta al fratello. Tutte le informazioni e le proposte di viaggio sono reperibili sul sito www.poliarctici.com

Vette Salite
1 - quota 903.
Dal ghiacciaio Fleinisen, da E.
2 – quota 961.
Dal ghiacciaio Rugaastonna; da NO.
3 – Fosstoppen 1005 m
Dopo aver salito un colle a NO del campo, si attraversa sul ghiacciaio sottostante la montagna per salirla per la cresta N.
4 – Drontoppen 1022 m
Dal ghiacciaio Dronbreen si sale la cresta SO
5 - Bergmannshatten 955 m
Dal ghiacciaio Dronbreen si sale in direzione S, girando poi verso O.
6 – Quota 991 m
Dal ghiacciaio Dronbreen si sale in direzione E per percorrere la cresta S.

Varie / Altro

TESTO & FOTO
Anne Picard

Volo
Nel periodo primaverile è importante prenotare per tempo il volo Oslo-Svalbard, il più difficile da trovare nel giorno prescelto: c’è un volo diretto, o con scalo a Tromso. Per raggiungere Oslo varie possibilità, diretto da Malpensa, o via Copenaghen, oppure da Bergamo ad aeroporto secondario (prezzi da 600 a 800 €)