Viaggi

Muztaghata: ski over 7000

Cronaca
Il 17 luglio 2006 alle 15.05 ora locale (2 ore in meno rispetto l'ora ufficiale di Pechino;4 ore in più rispetto l'ora legale italiana) Alessandro Fattori, Matteo Moro, Marco Peruz hanno raggiunto la vetta del Muztaghata 7546m, quellache viene considerata la più alta vetta sci-alpinistica per eccellenza, dalla quale si può scendere interamente senza mai togliersi gli sci. La salita e la discesa sono state effettuate interamente con gli sci. L'impresa è stata compiuta in occasione del cinquantesimo anniversario della prima salita, effettuata nel 1956 da una spedizione cino-sovietica. La spedizione, senza il sostegno di nessun sponsor, si è svolta nel periodo dal 27.06.06 al 26.07.06.

Posizione geografica
Il Muztaghata si trova in Cina, nella catena del Pamir, nella regione dello Xinjiang, non molto lontano dal K2, ai confini fra Kirghizistan, Tagikistan, Afghanistan e Pakistan. Si raggiunge percorrendo la strada che da Kashgar conduce al passo di Khunjerab verso la famosa Karakoram Highway. Il Pamir è il nodo orografico da cui si dipartono le più alte catene montuose del mondo, tra cui il Karakoram e l'Himalaja a sud, l'Hindu Kush a ovest e il Tien Shan a nord-est. La metà occidentale del Pamir è caratterizzata da profonde vallate e da ripide vette La parte orientale, dove si trova il Muztaghata e il Kongur, è invece caratterizzata da un elevato altopiano arido e scarsamente abitato, popolato principalmente da pastori kirghizi.

Toponomastica
La toponomastica prevalente, pur essendo in territorio cinese, è in lingua kirghiza. Infatti il nome del massiccio "muz-tagh-ata" è un composto fonetico tipicamente kirghizo, che significa letteralmente: padre (ata) dei monti (tagh) di ghiaccio (muz). Il Pamir è chiamato in kirghizo, dalla gente del posto, "Bam-i-Durya" cioè "il tetto del mondo", mentre in persiano antico il termine "pamir" significa "pascoli ondulati".

Morfologia e orografia
Il Muztaghata è una sorta di gigantesco piano inclinato orientato sull'asse est-ovest con la cima posta sull'estremità orientale. Il massiccio, costituito da rocce metamorfiche da pressione, in prevalenza gneiss, presenta due grandi linee di frattura longitudinali e parallele orientate anch'esse sull'asse est-ovest. La frattura a nord è occupata dal ghiacciaio Kmatolja, quella a sud è occupata dal ghiacciaio Kartamak. Come si può vedere nella cartina, la via normale di salita si svolge sulla dorsale fra le due grandi linee di frattura. La montagna, grazie alla sua originale morfologia, si presta in modo particolare alla pratica dello sci-alpinismo. Il pendio dalla quota di 7500 m della vetta fino alla quota di 6000 m è regolare e uniforme. L'inclinazione si aggira fra 30° e 40°. Nella fascia compresa fra la quota di 6000 m e 5500 m il pendio è invece interrotto e tormentato da una gigantesca serraccata con numerosi e profondi crepacci che rendono tortuoso il percorso obbligando a passaggi, seppur brevi, su tratti ripidi estremi, che possono variare di anno in anno. Più in basso il limite della neve arriva nel mese di luglio fino a circa 4800 - 5000 m di quota. Durante il percorso di salita sono stati registrati i waypoints dei vari campi e della vetta mediante apparecchio GPS mod. Garmin eTrex Summit. Chi fosse interessato alle coordinate WGS84 e alla mappa georeferenziata può farne richiesta.

Itinerari

Attrezzatura
Sono stati utilizzati soltanto attacchi Dynafit: TLT Comfort, TLT Speed, TLT Race Ti. Sci: Salomon X-Mountain, Dynastar Trail Plume, Ski Trab Piuma. Scarponi da sci: Dynafit Aero TF, Scarpa Laser. E' consigliabile utilizzare scarpette interne termiche per gli scarponi da sci, e munirsi di ghette imbottite o in neoprene realizzate su misura, che coprano completamente la punta degli scarponi da sci in modo da prevenire eventuali principi di congelamento alle dita dei piedi. Non è insolito registrare in vetta a 7500 m temperature inferiori a - 25°C con vento superiore a 50 km/h. Per fare solo un esempio alla quota di 6300 m (campo 2) è stata registrata una temperatura di - 20°C alle ore 9 di mattina all'interno della tenda

I protagonisti
Alessandro Fattori, istruttore di sci-alpinismo del CAI, in organico nella Scuola Città di Trieste, e collaboratore della Scuola di Alpinismo "Cozzolino" dell'Associazione XXX Ottobre, guida naturalistica, ha scritto un libro sulla tecnica dello Sci fuoripista, edito dalla Transalpina Editrice di Trieste, e recentemente tradotto anche in tedesco dalla Editrice Athesia di Bolzano. Matteo Moro, sky-runner del gruppo Corsa in Montagna del CAI - Società Alpina delle Giulie, ha scritto due guide di itinerari sci-alpinistici sulle Alpi Orientali, per l'Editrice Lint di Trieste e per il CDA - Centro Documentazione Alpina di Torino. Marco Peruz, il più giovane del gruppo, sky-runner originario di San Vito di Cadore, si è laureato in geologia all'Università degli Studi di Trieste. Tutti e tre i componenti della spedizione hanno al loro attivo diverse vette oltre i 5000 m sia in Sud America che in Asia Centrale.

Le impressioni raccontate da uno dei protagonisti
"Dalla vetta ho provato una grandissima felicità ma anche un timore reverenziale per la montagna. L'uomo, in fondo, è molto piccolo di fronte alla grandiosità della natura. Le prime curve con gli sci che ho fatto dalla cima sono state molto prudenti. A più di 7000 metri anche un piccolo errore può costare caro. Una caduta in un crepaccio, una distorsione, una frattura, non sono ammissibili a queste quote. Metterebbero in pericolo la sicurezza dei nostri stessi compagni che volessero soccorrerci. Su queste montagne non esiste il soccorso alpino. Bisogna contare soltanto sulle proprie forze. E' una grande responsabilità verso noi stessi, verso i nostri compagni, verso i nostri famigliari che ci aspettano a casa. Una bella esperienza sportiva certamente, ma anche una grande esperienza di vita."

Relazione

Dislivelli e tempi di salita
Per l'ascensione, oltre al campo base a 4400 m, sono stati allestiti un campo 1 a 5400 m ed un campo 2 a 6300 m, senza mettere un campo 3 a 6800 m come di solito fanno le altre spedizioni. In tutto 13 ore di salita in 3 giorni, per un totale di più di 3000 metri di dislivello complessivo.

Tempi di salita effettuati:
- salita dal campo base (4400) al campo 1 (5400) 1000 m dislivello: ore 2,5.
- salita dal campo 1 (5400) al campo 2 (6300) 900 m dislivello: ore 3,5.
- salita dal campo 2 (6300) alla vetta (7500) 1200 m dislivello: ore 7.

I tempi di salita possono comunque essere ulteriormente ridotti da alpinisti con elevate prestazioni atletiche e adeguato supporto logistico. Va tenuto conto che i componenti di questa spedizione sono normali alpinisti che non hanno avuto supporto esterno durante l'ascensione dai campi alti. Il componente più anziano del gruppo ha effettuato i tempi di salita citati all'età di 48 anni. Per cronaca conviene sottolineare che i campioni Benedikt Bohm e Sebastian Haag del Team Dynafit hanno effettuato nel 2005 il record di salita al Muztaghata in sole 9,5 ore in giornata, all'età di 28 anni e con supporto logistico (www.dynafit.at). La salita e la discesa dalla vetta sono state effettuate - ovviamente senza bombole d'ossigeno - interamente con gli sci. Diagramma dei tempi

Informazioni

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Testi
di Alessandro Fattori & Marco Peruz
Foto
di Matteo Moro & Marco Peruz

Varie / Altro

Preparazione fisica
Per la spedizione sono stati adottati metodi di allenamento tradizionale consistenti in normali escursioni sci-alpinistiche ma con un certo dislivello. Per fare soltanto degli esempi: Monte Canin (Alpi Giulie) dislivello 1700 m in 3 ore;Grossvenediger (Alti Tauri) dislivello 2100 m, sviluppo 15 km circa, in 5 ore. Non è stato assolutamente fatto uso di strumenti di allenamento in atmosfera ipobarica prima della partenza (es.: "Alti-Trainer 200" prodotto dalla Società Svizzera SM-TEC Sport & Medical Technologies ). Per chi fosse scevro da scrupoli di carattere etico-alpinistico, è consultabile una relazione specifica sull'argomento. In sintesi è verosimile, anche se ovviamente poco etico, che un incremento della policitemia (aumento del numero dei globuli rossi) con alti valori di ematocrito (frazione corpuscolata del sangue), indotti artificialmente durante le settimane precedenti ad una spedizione, possano certamente favorire, almeno fino ad un certo punto, le prestazioni atletiche in alta quota.

Prevenzione del mal di montagna
E' consigliabile, per maggior sicurezza, sopra la quota di 4000 m, l'assunzione di 125 - 250 mg di Diamox (acetazolamide, diuretico) 2 volte al dì, mattina e sera, iniziando circa 12 - 24 ore prima di un'ascensione superiore a 500 m di dislivello, fino a circa 48 ore dopo raggiunta la quota più elevata. E' necessario assumere notevoli quantità di liquidi, anche 4 litri al giorno.

Aspetti scientifici
Durante il corso di tutta la spedizione gli alpinisti hanno effettuato anche un auto-monitoraggio quotidiano dell'ossigeno nel sangue mediante un ossimetro portatile (mod. Onyx 9500 della Nonin Medical Inc. - www.nonin.com) per rilevare le modificazioni della saturazione di ossigeno nel sangue al variare dell'altitudine e dell'acclimatazione. I risultati delle rilevazioni sono ancora in fase di studio ma sembrerebbero confermare quanto già noto sui problemi legati all'altitudine. Fino alla quota di circa 5500 m, trascorso un certo periodo di tempo, la policitemia, o poliglobulia (aumento del numero di globuli rossi con incremento della concentrazione di emoglobina), compensa in buona misura, in soggetti sani, la diminuzione della pressione parziale di ossigeno nell'atmosfera. Oltre la quota di circa 5500 m si assiste invece, in termini tecnici, ad uno spostamento della curva di dissociazione dell'ossi-emoglobina del sangue. [Tale alterazione è prodotta dalla comparsa nei globuli rossi di particolari metaboliti, i 2-3 difosfoglicerati, che determinano una diminuzione dell'affinità dell'emoglobina per l'ossigeno. Se questo fenomeno, da una parte, dovrebbe favorire il rilascio di ossigeno ai tessuti, d'altro canto, ciò abbassa la saturazione dell'emoglobina e riduce il trasporto effettivo di ossigeno arterioso]. In parole semplici, oltre i 5500 m, l'aumento del numero dei globuli rossi non riesce più a compensare la carenza di ossigeno. All'aumentare della quota, sopra i 5500 m circa, gli alpinisti subiscono una progressiva riduzione dell'efficienza dei meccanismi di compenso fisiologici preposti a mantenere costante il trasporto arterioso dell'ossigeno necessario alle funzioni vitali dell'organismo. Questo è uno dei motivi per cui durante le spedizioni alpinistiche i campi base, per una buona acclimatazione, vanno installati ad una quota non superiore a 5500 metri circa.

Concetti di base
L'ipossia ipobarica è la dimuzione della pressione parziale di ossigeno nell'atmosfera. Si distinguono due forme di ipossia: acuta, e cronica. Per "ipossia acuta" ci si riferisce ad un periodo di tempo compreso entro 24 ore; avviene una diminuzione della saturazione dell'ossigeno arterioso. Per "ipossia cronica" ci si riferisce ad un periodo di tempo compreso entro 100 giorni; avviene il ripristino della saturazione dell'ossigeno arterioso. [Oltre 100 giorni si parla di adattamento permanente dei residenti]. Nell'ipossia acuta i meccanismi di compenso sono: l'aumento della frequenza cardiaca, e l'iperventilazione polmonare. Nell'ipossia cronica i meccanismi di compenso sono principalmente: l'aumento del numero dei globuli rossi e della concentrazione di emoglobina, e l'aumento della densità capillare. Lo scopo di tali adattamenti è quello di aumentare l'apporto di ossigeno ai tessuti (e agli organi vitali come cervello, cuore, muscoli, ecc.) Per "acclimatamento" si intende l'insieme degli adattamenti alla quota in caso di permanenza di qualche giorno. Per "acclimatazione" si intende l'insieme degli adattamenti alla quota in caso di permanenza superiore a 1-4 settimane. Bibliografia. P. Cerretelli, P.E. di Prampero "Fisiologia e patologia ad alta quota" in "Sport, ambiente e limite umano" 1985 - EST - Mondadori. Cerquiglini S., Cerretelli P., "Medicina e montagna" 1986 - Società Stampa Sportiva - Roma. T. Berti, C. Angelini, "Medicina in Montagna" 1982 - CLEUP Editore - Padova.